Interviste itineranti

Prima, dopo, durante la marcia
(In inglese e in francese)
Nikolas (Gana)
Intervista Nikolas
Impressioni sulla marcia
STE-003

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Dopo Chiasso

Un po’ di foto della marcia di Chiasso

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La marcia dei Sans-papiers arriva in Ticino Chiasso, 25 giugno 2012 “Dignità senza frontiere”


Marcia Europea dei Sans-papiers e dei Migranti
Per un’Europa dei diritti e della solidarietà

Cercheremo, in questi giorni e durante la marcia, di aggiornare il blog sulle notizie che man mano arriveranno. Qualcun* di noi, oltrepassata la frontiera di Chiasso, proseguirà la marcia, direzione Torino, Valsusa e infine Strasburgo!
Migrantemente…

La marcia dei Sans-papiers arriva in Ticino
Chiasso, 25 giugno 2012 “Dignità senza frontiere”

Giovedì 21 giugno 2012 la “Marcia Europea dei Sans-papiers” organizzata dalla Coalizione Internazionale dei Sans-papiers” farà il suo ingresso in Svizzera a Basilea. Partita il 2 giugno da Bruxelles terminerà il 2 luglio prossimo, dopo un percorso che la porterà in diversi Paesi europei, con una manifestazione a Strasburgo sede del Parlamento europeo.

In Svizzera le tappe della marcia raggiungeranno, dopo Basilea il 22 giugno, Berna il 23 per unirsi alla manifestazione nazionale “STOP a una politica migratoria che viola i diritti umani”, Wünnewil (FR) il 24 e infine Chiasso il 25.
In Canton Ticino la marcia sosterà alcune ore prima di ripartire alla volta dell’Italia passando attraverso il valico di Chiasso.

Le ragioni della marcia sono molteplici ma non riguardano solo le persone sans-papiers: vanno dalla rivendicazione della libertà di circolazione e di residenza per tutte e tutti alla denuncia delle politiche europee repressive contro i migranti (Frontex, frontiere militarizzate, continue revisioni e inasprimenti del diritto d’asilo in Europa ed in Svizzera) contro la criminalizzazione strumentale e sistematica degli stranieri che si spinge sino ad un autoritarismo ed un paternalismo che si ripercuotono anche sulla parte più debole delle popolazioni autoctone.

La marcia vuole anche solidarizzare e stringere legami transnazionali con tutte quelle realtà, studenti, lavoratori, precari, No Tav, ecc. che in questi anni subiscono le ricadute delle politiche di austerità dettate dalla grande finanza e avallate da governi supini agli interessi del capitale.

APPUNTAMENTI:

VENERDÌ 22 GIUGNO
SERATA CINEMOLINO IN SOSTEGNO ALLA MARCIA EUROPEA DEI SANS PAPIERS cena popolare, proiezione e dibattito di presentazione sull’iniziativa di sabato 25 giugno.
19:00 Cena popolare in sostegno alla marcia europea dei sans-papiers
20:30 Presentazione della marcia dei Sans-Papiers a Chiasso del 25.6.2012
A seguire proiezione del video sulla marcia Parigi-Nizza 2010: “Puisqu’on nous envoie promener”

di Orlane Descout, Katie Baillot & Erwan Ricordeau, 112’, versione originale francese.
“1 maggio 2010: un centinaio di sans papiers di tutti i dove partono da Parigi con la ferma intenzione di arrivare a Nizza per il vertice Francia-Africa. Ultima sfida al divieto di circolare a cui sono sottoposti, attraversano il paese a piedi. Da città a città, fra duri sforzi e incontri commoventi, l’obiettivo iniziale perde poco a poco d’importanza: al termine di questa avventura umana, non saranno più gli stessi.”

SABATO 23 GIUGNO
23.6: Manifestazione nazionale Sans-Papiers a Berna “STOP a una politica migratoria che viola i diritti umani”
interessati alla trasferta contattare:
senzavoce@bluewin.ch [1])

SABATO 23 GIUGNO
Osogna, cena popolare vegan, Benefit marcia dei sans-papiers-Bar dal Giovann-juni e Quana (musica nostrana)-organizza:
SCINTILLA-scintilla.noblogs.org

Programma del 25 giugno 2012:
14.00 Arrivo della marcia e pranzo solidale a Balerna presso il Grotto St. Antonio in Piazza Tarchini.
15.30 Partenza della Marcia alla volta di Chiasso e passaggio della frontiera.

Sostengono la Marcia Europea dei Sans-papiers e dei migranti:
CSOA il Molino, Movimento dei Senza Voce, Scintilla, Sindacato UNIA, SOS Ticino, Stop all’ignoranza.

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Si riparte

Dopo più`di un anno di assenza ripartiamo. E quale migliore occasione che cogliere la Marcia europea dei Sans-Papiers che passerà proprio dal Ticino come spunto per rilanciare questo blog?

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“La polizia svizzera assomiglia sempre di più alla Gestapo” (un taxista luganese, giovedì notte)

Con grande ritardo pubblichiamo una serie di comunicati inerenti a un gravissimo fatto di abuso di potere poliziesco avvenuto alla stazione di Lugano la notte di giovedi 16 giugno.

Comunicato del CSOA il Molino
Stazione di Lugano, giovedì 16 giugno 2011, ore 23.30 circa. Un uomo giace immobile sul marciapiede davanti all’entrata principale. Nonostante la videosorveglianza e i costanti pattugliamenti di polizia e sicurezza privata, nessuno sembra inizialmente prestargli attenzione. Un ragazzo, attivista del Molino, scende dal treno e si avvicina per capire cosa succede. Appare subito evidente che l’uomo non è in grado di camminare e che non ha un luogo dove recarsi. Ma dove portarlo, visto che in Ticino -casa Astra a parte- non esistono strutture d’accoglienza per casi simili? Non resta che caricarselo sulle spalle, prendere un taxi e portarlo al Molino per la notte. L’uomo, di nazionalità rumena, in carrozzella con paralisi alle gambe, ci racconta (vedasi anche il settimanale “area” www.area7.ch) d’essere stato portato in polizia cantonale per un controllo documenti. Sotto pressione e di fronte alla confisca di soldi ed effetti personali per accattonaggio, reagisce vigorosamente. Come risposta gli agenti lo sbattono fuori, piantandolo davanti alle scale. Chiede aiuto per scendere ma gli viene risposto d’arrangiarsi. Una volta in strada, nonostante i grossi danni riportati alla carrozzella , prova a raggiungere l’Ospedale Civico per una riparazione. Troppo tardi, il servizio tecnico ha già chiuso. E l’ospedale non è un dormitorio. Dopo alcune telefonate a qualche ente senza risultato, arriva una pattuglia che lo carica e deposita in stazione. Senza carrozzella -come da lui richiesto perchè non utilizzabile- senza soldi e in una situazione fisica e mentale per lo meno precaria…

Il fatto è preoccupante e sintomatico. Al contrario di casi già successi nel passato – migranti picchiati, derubati, insultati e umiliati dalla polizia- qui si aggiunge la privazione della mobilità in situazione di handicap. Abbandonare un uomo in condizioni simili è la riprova che troppe cose non funzionano in Ticino, dove tutto è gestito su un piano di controllo/repressione e non di prevenzione/incontro. Probabilmente l’operato della polizia verrà valutato come “normale” , invocando al massimo le solite mele marce, ma a noi sembra piuttosto che l’utilizzo della violenza da parte della polizia di tutto il mondo sia una pratica sempre più diffusa, giustificata dalla stessa impunità di cui godono. Cosa che ipotizziamo succederà anche nel caso recente di una persona (guarda caso anch’essa straniera) picchiata dalla polizia a Ponte Brolla.

Ecco quindi emergere, nonostante tutti si dichiarino “innocenti”, il vero problema di fondo: la diffusione mirata del razzismo come abitudine quotidiana. In Ticino l’esempio è nel quasi plebiscito della Lega alle recenti elezioni, la cui mano operativa sarà il nuovo consigliere di Stato Norman Gobbi, distintosi, tra le altre cose, per i suoi ululati razzisti alla Valascia a un giocatore di colore. Il personaggio lo si conosceva già, non ci sorprende che stia mettendo in pratica le sue convinzioni xenofobe e razziste delineando la direzione da intraprendere: limitazione dei frontalieri, chiusura del centro registrazione di Chiasso, eliminazione delle aree di soste per nomadi e la conseguente proposta di sciogliere la commissione cantonale sempre sui nomadi. Preoccupante, anche se in fondo il suo predecessore Pedrazzini non è mai stato un esempio d’apertura (caccia agli ecuadoriani, espulsione dei sudanesi a Chiasso, dubbio suicidio di Antony alle Pretoriali di Bellinzona).

E noi? Ci faremo ancora abbindolare dai discorsi razzisti di Lega e Udc (rincorsi dai partiti borghesi), oppure sapremo opporci a questa deriva? Sappiamo infatti molto bene che la presenza dei lavoratori e delle lavoratrici frontalieri e/o stranieri (con o senza documenti) nella vendita, nella ristorazione, nell’edilizia (di cui salutiamo il prossimo sciopero del 4 luglio) è fondamentale. Come sappiamo che la situazione ticinese in materia di strutture d’accoglienza (un solo centro effettivo gestito dal Movimento dei Senza Voce a Ligornetto) è disastrosa, come dimostra il fallimento del ridicolo centro del comune di Lugano, chiuso recentemente. Oppure che la paventata invasione di rom e mussulmani mira solo a creare paure e capri espiatori: i dati forniti dal rapporto del Commissariato ONU per i Rifugiati indicano infatti che ad accogliere l’80% delle 43,7 milioni di persone in fuga dalle guerre non sono i paesi del “ricco” occidente ma i paesi “in via di sviluppo”!
Occorre fermarsi un momento, organizzarsi e agire. Noi, come già cominciato col presidio sotto la Lega e con l’azione dei cartelloni Udc, continueremo. Ma non basta, perchè il razzismo si combatte alle radici. È una devianza, utilizzata per creare paure e divisioni. Diffondiamo allora altri modi d’agire, ritessiamo un cambio culturale nelle scuole, sui luoghi di lavoro, nelle discussioni da bar, sui mezzi pubblici, sui media per combattere idiozie e luoghi comuni.

Contro ogni razzismo e frontiera, per un mondo che contenga molti mondi!

Le notizie dai media:
http://www.tinews.ch/articolo.aspx?id=230830&rubrica=2
http://www.tinews.ch/articolo.aspx?id=230854&rubrica=2
http://www.ticinonline.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=639374&idsezione=1&idsito=1&idtipo=3

Risposta del CSOA il Molino ai media
Disabile abbandonato in stazione. E i media?
Per un breve attimo abbiamo pensato che la nostra visione dei mezzi di comunicazione quasi interamente manipolati, venisse smentita da un minimo d’obiettività e di correttezza di fronte a certe situazioni. Non è stato così. Il caso di Claudio, paralizzato alle gambe, abbandonato dalla polizia in stazione a Lugano, senza soldi e senza carrozzella e, secondo la sua testimonianza a Teleticino, schiaffeggiato, deriso dalla polizia, è eloquente. Sia chiaro, non ci aspettavamo che i media ticinesi analizzassero le cause della diffusione del razzismo in Ticino o che approfondissero come il linguaggio e le idee della Lega e del nuovo Consigliere di Stato N.Gobbi stanno diventando una pericolosa normalità.

Però… però ritenevamo professionalmente corretto per lo meno evidenziare come in Ticino NON esistono strutture adeguate ad accogliere persone senza un tetto o in situazione di precarietà grave (lo denunciamo dai tempi del Maglio, 10 anni fa niente è cambiato se non la creazione di un centro di prima accoglienza, Casa Astra, con dodici posti sempre pieni e nemmeno adeguatamente riconosciuto e finanziato dalle istituzioni). Inoltre, poteva essere “coraggioso” insinuare che le forze che si vogliono preposte alla sicurezza dei cittadini si dimostrano incapaci di gestire casi del genere, mostrando evidenti limiti che si traducono in comportamenti ingiustificabili, in attacchi alla dignità umana.

E soprattutto pensavamo rispettoso della popolazione informare che in Ticino un uomo paralizzato, in questo caso “straniero a rischio”, può essere piantato in stazione alle undici e mezzo di una serata piovosa, senza un soldo e senza nessuna possibilità di movimento. Tutto questo, considerando che le uniche richieste di questa persona erano di riparare la carrozzella e trovare un tetto per la notte.
Invece nella banalità del male ticinese si preferisce scegliere un taglio per questa storia chiaramente di parte, una versione che non disturbi nessuno e che non risvegli coscienze assonnate. Informando quasi unicamente di presunte interperanze verbali e fisiche e di comportamenti deviati, si crea il mostro che tutti necessitano:
l’accattone, rumeno, pazzo, che si scaglia contro la sicurezza elvetica.
Perfettamente strumentale alla diffusione di razzismo, xenofobia e repressione generalizzata!
D’altronde se questo fosse davvero avvenuto – immaginatevi un uomo paralizzato che si mette a pisciare nei locali della polizia – la soluzione “sicura”, come ci inculcano fin da piccoli, sarebbe stata una notte al fresco…

Viviamo ormai in un mondo al contrario, come vogliono autorità, media ed ambienti economici che continuano a minimizzare, a strumentalizzare e a truccare molte notizie sulla migrazione, sui morti, sulle sue cause.
In quest’Europa che invecchia, con le sue colpe, passate e presenti, sono ancora milioni le persone che pagano le paure, l’egoismo e l’incapacità di essere umani che questa società ha inculcato nelle teste della gente.

Come quando un anno fa qualcuno sparò contro un auto di nomadi e la Lega chiese di smantellare il campo Nomadi, non di trovare i colpevoli.

Una nostra curiosità per concludere. Ci chiediamo perchè, ogni volta che “un giovane” o “uno straniero” combina qualcosa bisogna per forza farne un caso di sicurezza nazionale. A chi giovano gli articoli e i servizi che gridano sempre e solo all’emergenza criminale, al pericoloso disagio giovanile e agli stranieri a rischio?

Chissà, forse la risposta la conosciamo già…

di Csoa il Molino

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L’asilante

Anche la musica puo’ veicolare emozioni e sentimenti del sentirsi migranti! Segnaliamo questo videoclip di Joe da Silva in arte Tryste MC,
“L’Asilante”, girato a Chiasso nel 2009:

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Chiasso, da lager “celato” a lager effettivo

Da settimane oramai si parla di violenze, aggressioni e di clima teso nella ciita’ di Chiasso. Tutto questo, pare, e’ dovuto alla presenza sgradita degli “ospiti” migranti del centro asilanti di via 1 Agosto a Chiasso.
L’accanimento politico nei confronti delle persone che obbligatoriamente si trovano rinchiuse al centro di registrazione si sta facendo sempre piu’ pressante, la seguente interrogazione parlamentare al Consiglio di Stato da parte del deputato della Lega dei Ticinesi Massimiliano Robbiani, dimostra come il clima di intolleranza si sta sempre piu’ inasprendo. Gli “utenti” del centro di registrazione hanno sempre avuto diritto all’uscita giornaliera, oggi rischiano di trovarsi davvero rinchiusi (in attesa di un trasferimento coatto e improvviso) all’interno di quello che rischia di diventare un vero e proprio C.I.E all’italiana.
Ancora indifferenti?

Interrogazione

Dopo l’ultimo fatto grave avvenuto a Chiasso da parte di due o tre asilanti, “ospiti indesiderati” del centro richiedenti d’asilo, è arrivata l’ora di prendere misure drastiche senza aspettare altro tempo. Il fatto grave in questione è l’aggressione di un 82 enne con l’intento di rapinarlo, e di un precendente episodio analogo avvenuto qualche ora prima.

Visto la mancanza di riconoscenza con il nostro Paese ospitante e dei continui atti criminali che devono subire giornalmente gli abitanti di Chiasso, non più patroni a casa loro, l’unica soluzione, in attesa di una decisione definitiva sul cambiamento di destinazione del centro richiedenti d’asilo, è di non dar più loro la possibilità di girare liberamente fuori dal centro.

Chiedo al lodevole Consiglio di Stato quanto segue.

Visto l’ennesimo episodio di violenza da parte di richiedenti d’asilo verso i cittadini di Chiasso, il Consiglio di Stato non ritiene opportuno, in attesa di una decisione federale alla richieste della Città di confine, di non dar più loro la possibilità di girare liberamente fuori dal centro richiedenti d’asilo?

Il Governo come intende aiutare il Municipio di Chiasso per far fronte a questa situazione di violenza e paura verso la popolazione da parte dei richiedenti d’asilo?

In fede.
Deputato
Massimiliano Robbiani

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Francia – Cronologia (parziale) della lotta degli harraga tunisini

Da www.informa-azione.info
Riceviamo e diffondiamo:

Cronologia (parziale) della lotta degli harraga tunisini a Parigi.
[harraga: parola dell’arabo nord-africano, letteralmente “colui che brucia”. Migrante clandestino che attraversa il Mediterraneo su imbarcazioni di fortuna. NdT]

Da oltre un mese gli harraga tunisini lottano, attraverso la resistenza alla polizia e movimenti di occupazione, per avere dei permessi di soggiorno, per la libertà, per un luogo dove vivere ed organizzarsi.

Marzo, aprile, maggio: arrivo di centinaia di harraga tunisini alla Place de la Villette (Parigi), dove si installano, in tende o all’aperto.

In aprile ci sono delle grosse retate nella parte nord di Parigi, anche durante la distribuzione dei pasti da parte di associazioni caritatevoli (in Place Stalingrad). La polizia aggredisce gli accampamenti nei parchi.

Il 29 aprile, dopo degli scontri con gli sbirri, una parte degli harraga trova rifugio alla CIP-IDF (Coordination des intermittents et précaires, Coordinamento degli intermittenti e precari, che però deve lasciare i luoghi che occupa qualche giorno più tardi, NdT).

Il 1 maggio, durante la manifestazione, gli harraga formano uno spezzone e prendono la testa del corteo. La sera, insieme ad alcune persone solidali, occupano un edificio di proprietà della Citta di Parigi, in Rue Simon Boolivar.

Il 4 maggio il Comune chiede lo sgombero dell’edificio, cosa che porta ad un centinaio di fermi di polizia e molte espulsioni di tunisini in Italia.

Il 7 maggio, harraga e sostenitori decidono di occupare una palestra (anch’essa di proprietà del Comune di Parigi), in Rue de la Fontanie au Roi. L’occupazione è luogo di incontro ed organizzazione. Vi si tengono riunioni e manifestazioni, nonostante la pressione poliziesca.

Il 13 maggio, una manifestazione di harraga tunisini e di solidali parte dalla palestra e percorre il quartiere di Belleville, prima di andare sulla piazza antistante il Comune di Parigi. I manifestanti sono circondati dalla polizia, mentre una delegazione viene ricevuta dai funzionari del Comune.

Il 16 maggio, mentre continua l’occupazione della palestra, diverse decine di harraga, in collaborazione con alcuni solidali, decidono di occupare anche una struttura di accoglienza (vuota) dell’associazione AFTAM, che si occupa dell’accoglienza di immigrati. Nasce lo squat di Rue Bichat.

Il 21 maggio è prevista una manifestazione a partire da Porte de la Villette. A 100 metri dalla partenza, il corteo viene fermato da un imponente spiegamento poliziesco. Una settantina di persone (su circa 250) vengono fermate e portate al commissariato per controllo d’identità. Saranno tutte rilasciate a fine pomeriggio.

Il 22 maggio una trentina di persone disturba il “villaggio del gelsomino”, un happening commerciale che si tiene davanti al Comune e che mira al rilancio del turismo in Tunisia.

Intanto, le proposte di accoglienza fatte dal Comune di Parigi durante l’occupazione di Rue Simon Bolivar e della palestra si sono rivelate essere largamente insufficienti quanto al numero e rispondono solo in minima parte alle attese degli harraga. Ciononostante, il Comune inonda i media con le sue dichiarazioni di “buone intenzioni” (sblocco di sovvenzioni ad associazioni umanitarie, apertura di luoghi di accoglienza). Secondo il Comune, gli harraga sarebbero manipolati dalle persone solidali; questa è una strategia per non considerarli come protagonisti della loro lotta ed un pretesto per ritirarsi dai negoziati.

Il 27 maggio il centro d’accoglienza dell’ AFTAM viene sgomberato e 17 persone sono arrestate. Le persone con i documenti escono con una convocazione per un processo che si terrà il 1 luglio. Otto harraga, senza documenti, sono richiusi al CIE di Vincennes.

Sempre il 27 maggio la sede centrale dell’AFTAM viene occupata da una trentina di persone che esigono il ritiro della denuncia per “occupazione illegale e danneggiamenti”, che l’associazione aveva sporto ai danni degli occupanti del centro appena sgomberato. Alla fine la denuncia viene ritirata.

Il 28 maggio, durante una grande manifestazione contro il razzismo indetta dalla sinistra istituzionale, harraga tunisini e persone solidali formano uno spezzone. Dietro lo striscione “Né polizia né carità, ma un luogo per organizzarsi” ci sono più di un centinaio di persone. Alla sera, saluti rumorosi fuori dal CIE di Vincennes.

Il 29 maggio, alcuni solidali vanno a fare visita agli 8 rinchiusi a Vincennes (ai colloqui).

Il 30 maggio c’è la convalida degli arresti al CIE per gli 8 harraga. 3 vengono rilasciati, 5 sono trattenuti perché la procura ha fatto ricorso. Nella notte un fuoco d’artificio brilla sul CIE.

31 maggio: un gruppo di tunisini della palestra occupa uno stabile che appartiene all’ex RCD [il partito tunisino di Ben Ali, NdT]. Alcuni autoproclamati capetti scelgono chi può trasferirvisi e chi no, trattando con le autorità tunisine per non farsi sgomberare. Fuori, però, la polizia cerca di bloccarli, impedendo di entrare ed uscire, per tutta la sera. Duecento persone, presenti all’assemblea “indignati” della Bastiglia, vengono a portare solidarietà. Sono circondati dalla polizia, che però, alla fine, se ne va senza arrestare nessuno.

1 giugno. Mattino: appello per i 5 harraga ancora prigionieri a Vincennes: tutti fuori! Alla sera, invece, gli sbirri della “Sicurezza del Comune di Parigi” prendono tranquillamente il controllo della palestra di Rue de la Fontaine au Roi (intanto nella vicina Belleville l’operazione poliziesca di sgombero del mercato clandestino finisce in scontri). L’accesso alla palestra è oramai controllato e limitato ad un centinaio di persone, iscritte su una lista del Comune.

Tradotto e adattato da:
http://cettesemaine.free.fr/spip/article.php3?id_article=4197
http://cettesemaine.free.fr/spip/article.php3?id_article=4203
http://paris.indymedia.org/spip.php?article7152
http://paris.indymedia.org/spip.php?article7165

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LIBIA Barcone con 600 persone fa naufragio, decine di morti I superstiti hanno raggiunto a nuoto la riva. L’imbarcazione sarebbe colata a picco subito dopo la partenza

Fonte ANSA/ticinonline

TRIPOLI – Un barcone con oltre 600 migranti è naufragato all’alba di ieri mattina davanti alle coste libiche, nei pressi di Tripoli. Nell’incidente sarebbero morti decine e decine di migranti; altri si sarebbero salvati raggiungendo a nuoto la riva.

L’imbarcazione sarebbe infatti colata a picco subito dopo la partenza, a poche decine di metri dalla spiaggia, perchè sovraccarica. Secondo le testimonianze raccolte dal giornalista somalo Aden Sabrie, che collabora con la Bbc, sarebbero stati recuperati 16 cadaveri di suoi connazionali, tra cui alcune donne e tre neonati, mentre altri 32 risultano ancora dispersi.

Ma il numero complessivo delle vittime, provenienti anche da altri paesi dell’area sub sahariana, sarebbe di gran lunga superiore. La notizia del naufragio è stata confermata al giornalista della Bbc anche dall’ambasciatore somalo in Libia, Mohamed Abdiqani. Secondo una prima ricostruzione, attraverso le testimonianze di alcuni sopravvissuti, il barcone con oltre 600 migranti sarebbe partito un’ora dopo un’altra “carretta” che aveva un numero analogo di persone a bordo.

Quasi certamente si tratta dell’imbarcazione con 655 profughi approdata in nottata a Lampedusa dopo essere stata soccorsa a circa venti miglia dall’isola dalle motovedette della Guardia Costiera.

La notizia si è subito diffusa nel centro di prima accoglienza di Lampedusa, provocando commozione e sgomento. Una donna somala giunta ieri sta piangendo dopo avere appreso telefonicamente da alcuni parenti che il figlio, partito con il secondo barcone, sarebbe tra le vittime.

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Il sogno americano finisce in fondo a una fossa comune

Tratto dal comunicato della PIRATA (Piattaforma internazionalista per la resistenza e l’autogestione tessendo autonomie)
A breve, la capsula audio di aggiornamenti dal Messico dove, oltre questo comunicato, sono contenute molte informazioni su quanto sta accadendo in Messico.
Piu’ info sulla PIRATA:
http://czl.noblogs.org
http://www.autistici.org/nodosolidale/
http://nomads.indivia.net/

Ogni anno in Messico si ammucchiano negli uffici di medicina legale una media di tremila cadaveri non identificati, dei quali circa il 30% sono corpi di migranti, ha dichiarato Morris Tidball-Binz, coordinatore dell’area di medicina legale del comitato internazionale della croce rossa. Tutti questi corpi, di ignoti e migranti, finiscono nelle fosse comuni dei cimiteri, altri nelle facoltà di medicina di varie università.

7 aprile
Amnesty Internacional fa pressione sulle autorità messicane affinché avviino un’inchiesta “completa ed efficace” su una fossa comune con 59 cadaveri scoperta il giorno prima in una strada utilizzata solitamente dai migranti per arrivare negli Stati Uniti. I corpi sono stati ritrovati sepolti in una fossa vicino Tamaulipas, nord del Messico, uno stato nel quale sono soliti operare gruppi dediti al traffico di droga e che è parte del percorso che seguono molti migranti per arrivare alla frontiera. L’organizzazione ha ricordato anche che già nell’agosto del 2010 nello stesso municipio di San Fernando, furono ritrovati i corpi di 72 migranti irregolari.

22 aprile
Nuevo Laredo, Messico. Il numero di cadaveri scoperti nelle fosse clandestine nel nord est del messico è salito da 145 a 177, e almeno 122 dei corpi potrebbero essere passeggeri di autobus sequestrati nelle vicinanze di San Fernando, a 160 km dalla frontiera con gli Stati Uniti, dichiarano fonti di stato. Dopo due giorni di ricerche, le autorità avevano riesumato 37 corpi dalle fosse comuni della capitale, Durango, senza che si siano potute identificare le vittime né le cause della morte. La violenza attribuita al crimine organizzato ha provocato più di 34.600 morti dal dicembre 2006, cioè da quando il presidente Calderon ha lanciato l’offensiva contro i cartelli del narcotraffico.

Mentre il mediterraneo si incendia al fuoco delle rivolte e i flussi migratori esplodono dentro le contraddizioni create dal capitalismo stesso, in Messico continua la strage silenziosa di migranti. Dalla frontiera sud alla frontiera nord, ad ogni passo del loro viaggio verso il sogno americano, migliaia di uomini e donne vivono il ricatto, il disprezzo, lo sfruttamento e la persecuzione. La polizia migratoria da un lato e il narcopotere dall’altro, che sono due facce complici della stessa putrida medaglia, rendono il viaggio verso il nord del mondo un inferno. Rapimenti, furti, violenze, abusi sessuali, omicidi di massa. La ricattabilità dei e delle migranti, illegali agli occhi del potere, li trasforma in soggetti-inumani da cui trarre solo profitti infiniti, nei loro paesi di provenienza, nei paesi di transito e infine anche in quelli di arrivo. Questo esilio, che vivono milioni di persone, uomini e donne, in Messico come nel mondo, é uno dei risultati della guerra che il capitale conduce contro l’umanitá. Eppure “senza dubbio il nostro noi non finisce di costruirsi, viaggia anche sui treni merci e rischia la sua vita attraversando le frontiere, di qui e lí. Il nostro noi a volte é invisibile, ma presto si mostrerá”

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