Francia – Cronologia (parziale) della lotta degli harraga tunisini

Da www.informa-azione.info
Riceviamo e diffondiamo:

Cronologia (parziale) della lotta degli harraga tunisini a Parigi.
[harraga: parola dell’arabo nord-africano, letteralmente “colui che brucia”. Migrante clandestino che attraversa il Mediterraneo su imbarcazioni di fortuna. NdT]

Da oltre un mese gli harraga tunisini lottano, attraverso la resistenza alla polizia e movimenti di occupazione, per avere dei permessi di soggiorno, per la libertà, per un luogo dove vivere ed organizzarsi.

Marzo, aprile, maggio: arrivo di centinaia di harraga tunisini alla Place de la Villette (Parigi), dove si installano, in tende o all’aperto.

In aprile ci sono delle grosse retate nella parte nord di Parigi, anche durante la distribuzione dei pasti da parte di associazioni caritatevoli (in Place Stalingrad). La polizia aggredisce gli accampamenti nei parchi.

Il 29 aprile, dopo degli scontri con gli sbirri, una parte degli harraga trova rifugio alla CIP-IDF (Coordination des intermittents et précaires, Coordinamento degli intermittenti e precari, che però deve lasciare i luoghi che occupa qualche giorno più tardi, NdT).

Il 1 maggio, durante la manifestazione, gli harraga formano uno spezzone e prendono la testa del corteo. La sera, insieme ad alcune persone solidali, occupano un edificio di proprietà della Citta di Parigi, in Rue Simon Boolivar.

Il 4 maggio il Comune chiede lo sgombero dell’edificio, cosa che porta ad un centinaio di fermi di polizia e molte espulsioni di tunisini in Italia.

Il 7 maggio, harraga e sostenitori decidono di occupare una palestra (anch’essa di proprietà del Comune di Parigi), in Rue de la Fontanie au Roi. L’occupazione è luogo di incontro ed organizzazione. Vi si tengono riunioni e manifestazioni, nonostante la pressione poliziesca.

Il 13 maggio, una manifestazione di harraga tunisini e di solidali parte dalla palestra e percorre il quartiere di Belleville, prima di andare sulla piazza antistante il Comune di Parigi. I manifestanti sono circondati dalla polizia, mentre una delegazione viene ricevuta dai funzionari del Comune.

Il 16 maggio, mentre continua l’occupazione della palestra, diverse decine di harraga, in collaborazione con alcuni solidali, decidono di occupare anche una struttura di accoglienza (vuota) dell’associazione AFTAM, che si occupa dell’accoglienza di immigrati. Nasce lo squat di Rue Bichat.

Il 21 maggio è prevista una manifestazione a partire da Porte de la Villette. A 100 metri dalla partenza, il corteo viene fermato da un imponente spiegamento poliziesco. Una settantina di persone (su circa 250) vengono fermate e portate al commissariato per controllo d’identità. Saranno tutte rilasciate a fine pomeriggio.

Il 22 maggio una trentina di persone disturba il “villaggio del gelsomino”, un happening commerciale che si tiene davanti al Comune e che mira al rilancio del turismo in Tunisia.

Intanto, le proposte di accoglienza fatte dal Comune di Parigi durante l’occupazione di Rue Simon Bolivar e della palestra si sono rivelate essere largamente insufficienti quanto al numero e rispondono solo in minima parte alle attese degli harraga. Ciononostante, il Comune inonda i media con le sue dichiarazioni di “buone intenzioni” (sblocco di sovvenzioni ad associazioni umanitarie, apertura di luoghi di accoglienza). Secondo il Comune, gli harraga sarebbero manipolati dalle persone solidali; questa è una strategia per non considerarli come protagonisti della loro lotta ed un pretesto per ritirarsi dai negoziati.

Il 27 maggio il centro d’accoglienza dell’ AFTAM viene sgomberato e 17 persone sono arrestate. Le persone con i documenti escono con una convocazione per un processo che si terrà il 1 luglio. Otto harraga, senza documenti, sono richiusi al CIE di Vincennes.

Sempre il 27 maggio la sede centrale dell’AFTAM viene occupata da una trentina di persone che esigono il ritiro della denuncia per “occupazione illegale e danneggiamenti”, che l’associazione aveva sporto ai danni degli occupanti del centro appena sgomberato. Alla fine la denuncia viene ritirata.

Il 28 maggio, durante una grande manifestazione contro il razzismo indetta dalla sinistra istituzionale, harraga tunisini e persone solidali formano uno spezzone. Dietro lo striscione “Né polizia né carità, ma un luogo per organizzarsi” ci sono più di un centinaio di persone. Alla sera, saluti rumorosi fuori dal CIE di Vincennes.

Il 29 maggio, alcuni solidali vanno a fare visita agli 8 rinchiusi a Vincennes (ai colloqui).

Il 30 maggio c’è la convalida degli arresti al CIE per gli 8 harraga. 3 vengono rilasciati, 5 sono trattenuti perché la procura ha fatto ricorso. Nella notte un fuoco d’artificio brilla sul CIE.

31 maggio: un gruppo di tunisini della palestra occupa uno stabile che appartiene all’ex RCD [il partito tunisino di Ben Ali, NdT]. Alcuni autoproclamati capetti scelgono chi può trasferirvisi e chi no, trattando con le autorità tunisine per non farsi sgomberare. Fuori, però, la polizia cerca di bloccarli, impedendo di entrare ed uscire, per tutta la sera. Duecento persone, presenti all’assemblea “indignati” della Bastiglia, vengono a portare solidarietà. Sono circondati dalla polizia, che però, alla fine, se ne va senza arrestare nessuno.

1 giugno. Mattino: appello per i 5 harraga ancora prigionieri a Vincennes: tutti fuori! Alla sera, invece, gli sbirri della “Sicurezza del Comune di Parigi” prendono tranquillamente il controllo della palestra di Rue de la Fontaine au Roi (intanto nella vicina Belleville l’operazione poliziesca di sgombero del mercato clandestino finisce in scontri). L’accesso alla palestra è oramai controllato e limitato ad un centinaio di persone, iscritte su una lista del Comune.

Tradotto e adattato da:
http://cettesemaine.free.fr/spip/article.php3?id_article=4197
http://cettesemaine.free.fr/spip/article.php3?id_article=4203
http://paris.indymedia.org/spip.php?article7152
http://paris.indymedia.org/spip.php?article7165

About bardanera

Figlio di Chernobyl, nato in una fredda mattina autunnale, Bardanera ha, da poco, tirato una linea di demarcazione tra il suo passato e ciò che sta costruendo. Musico, operatore sociale ed attivista libertario, ama i carciofi sott'olio, la musica celtica e suonare il banjo nudo al chiaro di luna. Odia il pop, le divise, e tutto ciò che rende la sua vita e quella degli altri una prigione.
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